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Ricerca lavoro: azioni efficaci e personal branding

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In Italia è molto alta la percentuale di inattivi e NEET (Not –engaged – in education, employment or taining), giovani di età compresa tra i 16 e i 30 anni ritenuti inattivi, ovvero persone che non sono impegnate in percorsi formativi universitari o professionali, e che non hanno né cercano lavoro perché scoraggiati o perché per diverse ragioni si sentono esclusi dal mercato del lavoro.

Una generazione in equilibrio precario tra rischi da cui difendersi e opportunità da cogliere, spesso impossibilitata o incapace di esprimere tutto il proprio potenziale. 

Il tasso di disoccupazione giovanile, calcolato dall’Istat, è risultato pari al 37% nel maggio scorso, contro una media europea del  18,9%.

ll fenomeno, in Italia, pare acuirsi in particolare nella fascia 25-30 anni, e cresce maggiormente al Sud.

Passare dal mondo accademico al mondo del lavoro, in un contesto così incerto, non è facile.
Oggi, nell’era della società liquida, in una società poco strutturata, molto competitiva e con pochi punti di riferimento, in che modo è possibile permettere a chi cerca lavoro di uscire da tale condizione di disattivazione?

Il “metodo classico” di farsi notare non funziona quasi più o funziona solo per alcune categorie e professionalità. Per metodo classico di ricerca del lavoro si intende l’invio del cv con tanto di lettera di presentazione in risposta agli annunci di lavoro e per autocandidarsi.

Questa modalità implica che l’individuo in cerca di occupazione assuma un ruolo passivo:

<<Questo sono io, questa è la mia storia formativa e professionale, fanne ciò che vuoi>>.

Assumere un ruolo attivo e propositivo diventa fondamentale per ripensare a nuove strategie, nuovi modi per costruire la propria carriera professionale e realizzare le proprie aspirazioni.

È necessario un cambiamento del mind-set

Cercare un lavoro è un lavoro

Due azioni alla base del percorso per realizzare tali (non facili obiettivi): la riattivazione della motivazione, della fiducia in sé e nel proprio potenziale partendo dalla definizione e ridefinizione professionale di sé stessi, attraverso un lavoro di focalizzazione degli obiettivi professionali in modo chiaro e definito nel tempo, e la strutturazione di un percorso ideale a tappe per raggiungerli;  la “inversione” del tradizionale approccio alla ricerca del lavoro, “assumere” i datori di lavoro a cui avanzare una proposta di collaborazione tramite un progetto, per esempio, facendo emergere i plus unici che ci differenziano dagli altri.

Un importante strumento che ha iniziato a prendere piede negli ultimi anni è il “personal branding”, processo attraverso il quale la persona definisce sé stesso in modo da distinguersi positivamente sul mercato, mettendo in luce i suoi punti di forza (conoscenze, competenze, stile, carattere, abilità, ecc.) e le sue unicità, ciò che lo identifica in modo univoco rispetto agli altri professionisti con cui compete, creando un proprio marchio personale e comunicandolo al target di interesse in modo efficace.

“Perché dovrebbero scegliere proprio te?
Cosa sai fare ? E come? Quali benefici porteresti?”

Rispondere a queste semplici (solo apparentemente) domande può fare la differenza, per non essere percepito come uguale a tutti gli altri e quindi sarebbe  impossibile distinguerti!

Fare personal branding significa fare marketing di se stessi, della propria persona e della propria professionalità.

Ciò non si traduce con il “vendere meglio se stessi“, dando un’immagine falsa di sé o facendo percepire un valore aggiunto che in realtà non c’è, ma spiegare con chiarezza la ragione per cui dovremmo essere scelti e fare in modo che siano gli altri a cercarci!

Internet e in particolare i Social Media oggi possono essere considerati strumenti strategici per trovare lavoro.
In un mondo sempre più connesso e sempre più social, far emergere e curare la propria immagine pubblica è una priorità, specialmente quando si cerca lavoro.

Questo non significa che non serve più il buon vecchio CV, ma questo si modifica assumendo la funzione di “biglietto da visita” che descrive a possibili interlocutori il nostro profilo professionale, la nostra formazione e le nostre conoscenze/ competenze e serve a stimolare la sua curiosità su di noi insieme ad altri strumenti.

Esserci è fondamentale e alimentare un presenzialismo oggi rappresenta una vera e propria leva di marketing.  È sicuramente sempre più importante essere online e partecipare attivamente alla costruzione dinamica della propria immagine in relazione allo specifico “pubblico”, chi conta nel settore specifico, i partner e collaboratori, tutti coloro che si confrontano e conversano su di noi, soprattutto online.

Ma attenzione non esagerare e ottenere il risultato contrario a quello desiderato, generando missunderstanding .  

Tutti hanno almeno una volta nella vita ricevuto  il suggerimento di prestare molta attenzione ai contenuti che si decide di rendere pubblici sui social network, di non postare determinate foto o determinati stati, per esempio,  che potrebbero essere compromettenti nella ricerca del lavoro.

Come le persone sono connesse anche le aziende lo sono sempre di più e quando cercano nuovi candidati la ricerca dei profili social è quasi un obbligo.

Questo significa che non bisogna usare i social network? No! Significa che bisogna imparare a usarli in modo sensato e senza perdere il controllo della propria immagine pubblica!

Non c’è nulla che tu non possa postare, ma prima di farlo rifletti su chi può vedere il tuo post: monitora la tua privacy costantemente, non solo quella generale del tuo profilo, ma fallo per ogni singolo post che pubblichi!

 

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