Storia di un Expat Italiano: New York, New York

E’ da quando ho visto Toy Story – dovevo avere 5 o 6 anni – che ho il sogno dell’America.

I racconti (probabilmente falsi) del lontano zio che vi aveva fatto fortune, i film ambientati a Manhattan, le immagini della Maratona, la Statua della Libertà.

Chi di noi non si è mai chiesto: “Come sarebbe la mia vita a New York?”.

Il sogno l’ho realizzato nel 2013, quando sono arrivato per fare un semestre di studio alla New York University. “New York, New York!”. Solo sei mesi, troppo pochi..

Poi l’occasione di una vita.

Dopo 3 anni di lavoro passati all’ombra del Big Ben, nel 2017 ho la possibilità di trasferirmi in pianta stabile nella città dei sogni. Sinatra ti canta nel cuore: “Start spreading the news, I am leaving today”

Oggi, a due anni di distanza, e sull’aereo in procinto di iniziare il terzo, è ora di fare un bilancio su come è vivere e lavorare a New York.

Vivere a New York non è bello, è FIGO. Sei al centro del mondo. Tutti ti chiedono i selfies da Times Square, le instagram stories da Central Park, una panoramica dal tuo ufficio nell’Empire State Building, di ospitarli a casa nell’Upper East Side: sei lo zio d’America che hai sempre sognato.

I sogni pero’, spesso sono diversi dalla realta’, e dopo due anni inizi a notare certe cose, specialmente se vivi a Manhattan…

  • La gente va sempre di corsa, e non saluta, o meglio, tutti chiedono sempre ‘how’s going’?, ma non gliene frega niente di saperlo e non si aspettano alcuna risposta
  • Le case sono vecchie, non arredate e in mano alla mafia degli agenti immobiliari. Ogni volta che ti trasferisci, non solo devi comprare i mobili nuovi e la cucina, ma sei anche costretto a pagare la parcella e foraggiare questo schifoso business (4000$ si sono pigliati a me per l’appartamento in affitto – mariuoli!)
  • I rapporti umani sono di natura puramente transazionale. Nessuno ti aiuta se non dai qualcosa in cambio. Un giorno ho chiesto ad un collega di aiutarmi a portare un televisore al secondo piano… mi ha chiesto 20$.
    • Ho elaborato una teoria su New York secondo cui chi muore il funerale deve organizzarselo da solo, a te davvero nessuno ci pensa!
  • Tutto costa un troppo: Al ristorante non spendi meno di 80$ a persona (e i camerieri vogliono una mancia del 20%), viaggiare dappertutto costa tantissimo (un treno da Philadelphia a New York di 1 ora e mezza costa 150$, noi da Napoli a Latina – stessa distanza – ne paghiamo meno di 10$), Normalissime analisi del sangue costano almeno 400$, per non parlare dei farmaci
  • Il clima fa schifo per 8 mesi l’anno (da Ottobre a Marzo fa troppo freddo e a Luglio e Agosto fa troppo caldo)
  • Le ragazze – io non lo so queste che si mangiano da bambine – pretendono per la proposta di matrimonio un anello di diamante da 2 o 3 carati (ovviamente solamente per mettere le storie su instagram), che deve costare almeno tre stipendi (lordi), altrimenti si trovano un altro – e qualche scemo che gli compra un anello da 30,000$ queste se lo trovano
  • Ottenere un visto lavorativo è quasi impossibile, e conquistare la green card è un’impresa titanica (a meno che non sei disposto a sposarti, ma non ti dimenticare dell’anello)

Lo so, queste sono cose che succedono in moltissime città e che abbiamo visto in tante salse nelle nostre Milano, Roma, Londra o Berlino.

Ma New York era la città del sogno, non puo’ essere come tutte le altre.

Il comandante ci informa che stiamo per atterrare, il computer e’ quasi scarico, cosi’ come l’Iphone da cui ascolto i versi nel poeta Nino D’Angelo, la nostalgia di casa monta…

Eppure, per ora, New York è casa mia e lo sara’ ancora per un po’. E non tanto per i soldi, per l’ufficio dell’Empire State Building, o perché è figo. La realtà è che andare via vuol dire capire che quel sogno è finito, e che non sei più un bambino. Non svegliatemi.

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