Il mio 8 Marzo tutti i giorni!
Come promesso, la mia preparazione e la mia giornata di sciopero!
Un viaggio attraverso dibattiti e lezioni a cui ho partecipato fino alle h 18.00 dove, da Piazza Santissima Annunziata, la #marea di donne e uomini, guidati da #NonUnadiMeno ha marciato, cantato, ballato e fatto rumore per le strade del centro fiorentino fino a giungere in Piazza Santo Spirito.
“Non una Di Meno” è un associazione, un movimento, uno slogan che nasce da un gruppo di giornaliste argentine ripreso da un testo “di Susana Chavez”, “Ni una mujer menos, ni una muerta màs”, poeta e attivista messicana uccisa nel 2011 dopo aver denunciato le violenze e i crimini di genere nei confronti delle donne messicane.
#NiUnaMenos è l’hashtag che in poco tempo ha fatto il giro del web in tutto il Sud America e, diventato virale, questo grido di lotta ha mobilitato una marea di persone in piazza a Buenos Aires, condannando i casi di femminicidio sempre più frequenti nella società.
Nel paese i casi di femminicidio all’ epoca erano di circa 277 donne uccise dalla violenza maschile, uccise da ex fidanzati, mariti, ex mariti, amanti o familiari. Questa marea si è evoluta in un grande movimento globale che si espanso in tutto il mondo, fino a giungere anche da noi in Italia.
Nel nostro paese secondo i dati Istat, 6 milioni e 788 mila donne hanno subito nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale.Sono 652 mila le donne che hanno subito stupri e 746 mila le vittime di tentati stupri.
Oltre a queste dati agghiaccianti dobbiamo aggiungere che la violenza si presenta sotto molteplici forme, non si esercita solo all’interno di mura familiari o nelle strade, si esercita nella scuola, nel lavoro e nella sanità.
Il 26 Novembre Roma fu invasa da una marea di donne e di uomini al grido di Non una di meno, per contrastare la violenza di genere in tutte le sue sfaccettature e la violenza maschile sulle donne.
In questi mesi, associazioni, singoli e comitati in tutta Italia e nel mondo, si sono organizzati, hanno lavorato per mobilitarsi per quella che non doveva essere una “giornata di festa”, una giornata dove, come scrissi nel mio primo articolo, si è ” più gentili con la componente femminile di questo paese” ma, per un 8 Marzo di lotta, di sciopero dalla produzione e dalla riproduzione, una giornata di rivendicazioni sulle nostre vite e su i nostri corpi.
Questa giornata ha visto milioni di donne di oltre 50 paesi del mondo scioperare, contrastando chi afferma invece che l’emancipazione femminile sia avvenuta e che scioperi e lotte non servino più. Un movimento femminista che ormai “puzza di stantio” in poche parole.
La mia personale giornata di sciopero, inizia decisamente giorni prima, esattamente il 6 Marzo quando, grazie all’organizzazione del Collettivo Politico Scienze Politiche presso la mia università, l’Università degli Studi di Firenze, ho avuto il piacere di assistere ad un incontro/ dibattito con la blogger e giornalista “Eretica” di “Abbatto i Muri”(che ringrazio per il suo importante e divertente incontro) la quale ci ha parlato “di violenza di genere, come riconoscerla e come abbatterla”.
Se dovessi scrivere ogni cosa di cui Eretica ci ha parlato, l’articolo supererebbe le dieci pagine, complice il mio pregio o difetto nell’essere logorroica anche nello scrivere, quindi farò un rapido excursus per soffermarmi su ciò che nel quotidiano vivo sulla mia pelle e su argomenti di cui sapevo poco o nulla.
Che cosa si intende quando parliamo di “violenza di genere” ?
E’ con questa domanda che inizia il nostro viaggio che ci porterà a scoprire stereotipi che colpiscono le donne e gli uomini che non accettano di plasmarsi secondo le norme dell’ etero normatività, dalla donna “casta e angelica” e dall’uomo “violento e machista “. Passiamo attraverso il sessismo dilagante nel mondo della comunicazione e dei mass media, in violenza di genere che viene esercitata fin dal parto, al maternage istituzionale, alla “fashion dead” che rappresenta corpi di donne mutilate o sottoposte a violenza per il solo scopo di pubblicizzare,ad esempio, delle scarpe, dalle pubblicità anti violenza che non rappresentano quasi mai una donna in tutta la sua fierezza ma ci danno un immaginario ancora una volta di “donna da salvare”, protetta da un uomo, e così via.
Cos’è dunque la violenza di genere? Riporto le parole di Eretica per far capire a chi non sapesse nulla dell’ argomento di cosa si tratta:
“Normalmente si dice che la violenza di genere è la violenza di un genere su un altro genere, più comunemente si parla di violenza di genere quando il “maschio” prevarica su una “femmina”, in realtà la violenza di genere è una violenza che si esercita sulla base dell’imposizione di un “ruolo di genere”, quindi nel momento in cui qualcuno ci impone un ruolo di genere sta esercitando violenza di genere. Ad esempio quando qualcuno non ci da la pillola del giorno dopo è violenza di genere, quando qualcuno non ci assiste per la nostra scelta di abortire è violenza di genere, se qualcuno ci impone di essere fedeli al ruolo di genere che ci è stato imposto in quel momento è violenza di genere. Quindi la violenza di genere è quella violenza che viene imposta a tutte le persone a cui viene imposta una norma e non stiamo parlando solo di donne, ma anche di gay, lesbiche, transgender, uomini che non seguono il modello machista, tutte quelle persone che sfuggono dunque alla norma imposta” .
Come già nel mio precedente articolo vi ho spiegato, il sesso biologico è una cosa e il genere è un’altra cosa. “Il genere, ci dice Eretica, è un ventaglio di variabili, una gamma di espressioni, è come percepiamo noi stessi nella nostra identità personale, non è maschile e femminile soltanto, non è definito dall’anatomia non è l’orientamento sessuale e non può essere determinato dai cromosomi.
Quindi la femmina “per natura” e il maschio “per natura” non esistono. Il maschio non è violento per natura, la femmina non è vittima o emotiva per natura, il maschio non è razionale per natura, la femmina non è quella che ha l’ istinto di cura, il maschio non è quello che non si occupa dei propri figli o della casa per natura. E’ molto difficile nella nostra quotidianità e nella realizzazione della nostra vita sfuggire a queste norme. Compiere quindi, questa battaglia, è già una forma di reazione alla violenza di genere, è una battaglia che si attua in privato e nel pubblico, che investe la famiglia, il mondo del lavoro e universitario; già solo i piccoli interventi nel quotidiano sono una forma di rivoluzione che, suscita un’immediata reazione da parte di chi si occupa di conservare invece, i modelli patriarcali e stereotipati.
Non mi soffermo su gli stereotipi che pesano sulle nostre vite, confido che lo sappiate e che abbiate letto il mio primo articolo. In poche parole ” agli uomini le cose da uomini” alle “donne le cose da donne”.
Tutti questi stereotipi non sono innati in noi, ci vengono inculcati anche a partire dal parto, dal momento in cui nasciamo. Per quanto riguarda gli stereotipi che colpiscono gli uomini vi consiglio di visitare il blog di Eretica dove ci parla della campagna #Mascolinitàfragile.
” Media, sessualizzazione dei nostri corpi, dalle semplici pubblicità alla fashion dead “
Ci avete fatto caso? Provate a leggere alcuni titoli di giornali dove si parla di donne, dalla politica o allo sport. Secondo me, dopo non leggerete più un giornale. Ogni giorno mi accorgo sempre di più di come noi donne veniamo continuamente oggettivate e i nostri corpi mercificati.
Quando si risponde all’incompetenza professionale di una donna ella viene ridotta dai media e non, come oggetto sessuale, abbiamo una sessualizzazione della sua persona, quindi, una ministra o una deputata che non è brava nel suo lavoro sarà investita da una miriadi di termini sessisti, “dal chiavabile a meno chiavabile, dal bel faccino ecc.” e questo mi ha richiamato alla mente le offese sessiste che investirono la Sindaca di Roma, Virginia Raggi, lei e la sua “patata bollente, le sue mutande e il suo essere bambolina”.
Finiamo per arrivare alle pubblicità che sessualizzano il corpo della donna e la discriminano, le quali, non sono molto diverse dalle pubblicità degli anni 60, per finire con la macabra FASHION DEAD.
Per chi non la conoscesse, insieme al mondo della FASHION VICTIM, vi invito nuovamente a visitare il blog di Eretica !
Con la fashion dead la donna violentata e uccisa diventa parte integrante del sistema pubblicitario, diventa un brand e di conseguenza ci rendiamo immediatamente conto che, le pubblicità che si dovrebbero occupare della violenza sulle donne seguono esattamente lo stesso metodo, vittimizzandole, non presentandole mai come persone forti o reattive che non aspettano un intervento paternalista e patriarcale, donne che non hanno bisogno di essere salvate, donne che si salvano da sole ma, donne col volto tumefatto che devono essere protette o, appunto salvate. Questo mi ha ricordato vari spot dove non si mostra donne fiere ma, donne deboli.
( Qui potrete scorrere voi stessi alcune immagini relative alla fashion dead )
Passiamo ad analizzare anche i titoli di giornali che quando parlano di femminicidio fanno sempre passare come vittima principale l’uomo che, “spinto da qualcosa.. da problemi economici o peggio ancora dal troppo amore”, ( quante volte ho letto e sentito la parola amore accanto alla parola morte. Ho perso il conto ) ammazza la compagna o la moglie, presentando sempre prima LUI, la figura di un uomo con un problema che diventa giustificazione per motivare la violenza successiva.
Nel caso in cui non si parla di vittime di crimini, abbiamo stereotipi sessisti che banalizzano le competenze delle donne, donne che hanno delle competenze professionali o sportive che sono riuscite a realizzarsi vengono banalizzate con offese sul loro fisico, come è successo nel caso del titolo che recitava, ” … il trio delle cicciottelle sfiora il miracolo olimpico”
Uno degli ultimi interventi di Eretica mi ha fatto pensare a me stessa, forse perché è un peso che la vostra autrice per la parità di genere sente anche sulle sue spalle. Molte volte infatti, mi imbatto in individui che stigmatizzano e offendono la mia lotta impacchettandola in un immagine preconfezionata, di una femminista brutta, lesbica e odia uomini che, preciso non sono, tanto così per informarli se mai leggeranno le mie parole.
Lo stesso succedeva alle SUFFRAGETTE inglesi che si batterono per l’introduzione del diritto di voto per le donne. La campagna denigratoria che li investi fu tale da rappresentarle in tutti i modi, la loro battaglia venne stigmatizzata in foto dove si legittimava la violenza, dove venivano rappresentate come donne brutte esteticamente, violente contro gli uomini e con la polizia.
Abbiamo una carrellata di foto dove gli uomini diventano le vittime di questa battaglia che intrapresero le suffragette creando quindi, un capovolgimento dalla figura ” dell’oppressore ad oppresso “
In queste immagine di ribellione, la definizione è quella di violenza, ogni forma di ribellione all’ oppressione viene stigmatizzata in violenza definita in maniera criminale.
Queste campagne, queste foto e o articoli sessisti incontrano, per fortuna, le pubblicità sovversive.
Un esempio, sono le foto di Valentina Maran , che dopo l’uscita dei manifesti della campagna del #FertilityDay ha creato delle immagini che la contrastano in modo ironico.
L’ultimo punto su cui voglio soffermarmi è il REVENGE PORN, un argomento che ci colpisce soprattutto nella contemporaneità in cui viviamo.
Per chi non lo conoscesse, consiste nel pubblicare foto e video di atti sessuali per vendetta da parte di ex partner senza consenso. Fu proprio quello di cui morì, Tiziana Cantone, che fu spinta a suicidarsi dal peso psicologico insostenibile, dopo che un video privato finì in rete condiviso sui social network migliaia di volte.
Con il revenge porn, i cosi detti leoni da tastiera si divertono incolpando le vittime di esserselo cercate, perché una donna non può fare questo tipo di cose ( l’uomo ovviamente si, ci deve mandare anche quando non ci conosce le foto del suo pene…lui è un uomo quindi può..) ma, la questione è un’ altra, una donna può fare benissimo del sex texting, sta agli altri con cui lo condivide non pubblicare video o foto. Questo non è altro che un esercizio di potere e controllo sulle donne.
Eretica a fine del nostro incontro ci consiglia di decostruire, la decostruzione dei ruoli di genere é un azione preventiva su se stessi e rispetto al contesto in cui viviamo.
Quello che mi sento di dirvi, iniziate a farlo nelle vostre piccole lotte quotidiane, donne e uomini!
Il mio 8 Marzo però inizia nel luogo, in cui passo la maggior parte della mia vita, le aule della mia università. Ringrazio nuovamente il Collettivo Politico Scienze Politiche per averci dato l’opportunità di poter assistere a una “lezione alternativa”, alternativa perché ancora oggi i temi della questione di genere e della violenza di genere, vengono affrontati nel mondo universitario relativamente poco, a volte per niente.
Durante questa lezione, le professoresse di Storia delle Dottrine Politiche e di Filosofia Politica ci hanno parlato di “femminismo, anti sessismo e questione di genere” .
Quello che mi colpisce durante questi interventi è che alcune delle battaglie passate sono ancora oggi dei punti centrali delle battaglie odierne. Negli anni 70 si parlava di aborto libero e gratuito e oggi, quello stesso aborto libero e gratuito viene osteggiato continuamente.
Successivamente dopo questa mattinata intensa, io e la mia compagna di viaggio, Alessandra Tamponi parliamo di come far sentire la nostra voce in questa giornata di lotta, di come continuarla oltre questa giornata, quotidianamente, singolarmente e insieme.
Le 18 arrivano presto e noi arriviamo in Piazza Santissima Annunziata a piedi. A piedi perché lo sciopero è generale ed hanno aderito numerose sigle sindacali e associazioni, tra cui la società di trasporti della mia città e, non a caso, le prime scioperanti che incontriamo sono proprio loro, le numerose autiste che ci accompagnano quotidianamente nel tram tram cittadino. Molte le critiche rivolte contro lo sciopero dei mezzi pubblici che, secondo il web, non centrava con lo sciopero delle donne ma, quello che ho visto io su questo striscione è tutt’altro. Recentemente, un’autista del servizio trasporti è stata aggredita da un uomo che ha giustificato la sua azione con la scusante “l’ho fatto perché donna” Quindi, la polemica che è nata mi ha fatto storcere il naso e ribadisco – PAURA con VETTURA + SICURA!
Il corteo parte in orario, compatto, colorato di nero e fucsia, i colori del movimento “#NonUnaDiMeno, attraversa la piazza fino a giungere nel centro città sfilando, ballando e urlando “il corpo è mio decido io ” sotto la splendida cattedrale di Santa Maria del Fiore scortata dal Cupolone di Filippo Brunelleschi.
Quello che mi colpisce mentre cammino insieme alla mia compagna di viaggio e a una new entry trovata per caso Elena Malinici, è la forte presenza di uomini, segno che la battaglia è una battaglia comune, che unisce tutti, dalle donne agli uomini che non si vogliono conformare al modello machista e patriarcale che ci impone questo mondo, battaglia che investe generi e etnie diverse. Nessuno escluso.
Un movimento femminista di inclusione e non di esclusione come qualcuno vuol far credere o ancora peggio che non serve a niente, offendendolo dal lato comodo del loro divano nella totale indifferenza. Come diceva Antonio Gramsci, citazione che oggi più che mai dovremmo rifare nostra, dobbiamo odiare gli indifferenti e io, nella mia personale battaglia, continuerò a non farmi influenzare da loro.
“Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti”
Qui le foto e tre video del corteo:
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